Banca Mondiale, cosa dice il rapporto sulla sostenibilità del cibo
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La Banca Mondiale, con il suo report “Recipe for a Livable Planet – Achieving Net Zero Emissions in the Agrifood System”, lancia un appello per una profonda trasformazione del nostro sistema alimentare, con il grande e non semplice obiettivo di raggiungere le emissioni zero nel settore agroalimentare, contribuendo in modo decisivo alla lotta contro il cambiamento climatico.
Per centrare questo traguardo, l’Istituzione internazionale propone una vera e propria rivoluzione culturale, abbandonando il modello attuale, insostenibile e dannoso per l’ambiente, e orientando gli investimenti verso un sistema più efficiente e rispettoso del pianeta.Nel report, infatti, viene sottolineano che la vastità del settore a livello mondiale lo rende uno dei principali responsabili del mancato raggiungimento degli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C ed è quindi fondamentale affrontare questa sfida con la dovuta serietà e urgenza per scongiurare le conseguenze catastrofiche collegate a questo fenomeno.
Perché questo cambiamento è necessario?
Il sistema alimentare attuale è intrappolato in un circolo vizioso. Da un lato, la produttività diminuisce a causa del degrado del suolo, del cambiamento climatico e della scarsità di acqua. Per compensare, si ricorre a pratiche intensive, come l’uso eccessivo di fertilizzanti, l’espansione delle coltivazioni e la deforestazione, creando un ciclo di impoverimento ambientale senza fine.Un altro elemento fondamentale da considerare è la domanda di cibo. Le nostre scelte alimentari hanno un impatto diretto sull’ambiente. Secondo il report, circa il 60% delle emissioni del settore agroalimentare derivano proprio dalla richiesta di cibo, in particolare di carne e latticini.
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Bisogna quindi modificare radicalmente il nostro approccio al cibo. Riducendo il consumo in particolare di queste due materie prime, favorendo invece scelte più sostenibili come vegetali e legumi e preferendo prodotti locali e stagionali e sostenendo le aziende che si impegnano per un’agricoltura più sostenibile.
Affinché ci possa essere un vero cambiamento epocale è prioritario attuare strategie ad hoc, che la Banca Mondiale nel suo report ha suddiviso in sei aree:
- Investimenti: indirizzare le risorse verso sistemi di produzione alimentare più sostenibili.
- Incentivi: incoraggiare i consumatori a fare scelte più salutari e rispettose dell’ambiente.
- Innovazione: promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per un’agricoltura più efficiente e meno impattante sull’ambiente.
- Informazione: educare i cittadini sull’impatto ambientale delle loro scelte alimentari.
- Istituzioni: rafforzare le istituzioni per garantire una governance efficace del sistema alimentare.
- Inclusione: garantire che tutti, indipendentemente dal reddito o dalla provenienza, abbiano accesso a cibo sano.
Tale rivoluzione, se così vogliamo chiamarla, rappresenta un’occasione unica per costruire un futuro migliore e, in questo senso, è fondamentale che i governi, le aziende e i cittadini lavorino insieme per trovare soluzioni efficaci e sostenibili a questo problema globale. Solo attraverso un’azione collettiva si può garantire, infatti, un futuro in cui la produzione alimentare non sia più una minaccia per il nostro pianeta, realizzando anche un contesto in cui l’accesso al cibo sano e nutriente sia un diritto garantito, in cui le comunità siano più resilienti ai cambiamenti climatici e in cui l’economia sia più sostenibile e inclusiva. Ovviamente non mancano i problemi e le sfide da affrontare. La trasformazione di come produciamo, distribuiamo e consumiamo il cibo, come detto, deve passare verso un modello più sostenibile che, ad esempio, dal punto di vista finanziario, richiede uno sforzo che è stimato in circa 260 miliardi di dollari all’anno, una cifra enorme ma che rappresenta solo 18 volte l’ammontare attuale dei sussidi destinati al settore dell’allevamento intensivo.
Le emissioni generate dalla produzione di carne e latticini
Come detto in precedenza, tra i maggiori responsabili delle emissioni nocive del settore alimentare troviamo senza dubbio le produzioni legate alla carne e ai latticini, che portano con sé un impatto ambientale negativo non solo direttamente collegato all’allevamento, ma anche da diverse altre fasi del processo.
In primis la lavorazione, in quanto la trasformazione della carne e del latte in prodotti finali richiede energia e produce scarti, così come il packaging e il trasporto. Per quanto riguarda il primo, gli imballaggi utilizzati per conservare e trasportare questi prodotti contribuiscono all’inquinamento da plastica, mentre il secondo, specialmente su lunghe distanze, produce quantità immani di emissioni di gas serra.
Altro aspetto da considerare è la conservazione, in particolare per quel che concerne i processi di refrigerazione e di congelamento che consumano molta energia, senza contare che una significativa quantità di questi prodotti viene sprecata ogni anno, generando ulteriori emissioni durante il suo smaltimento.
Tra i maggiori danni causati da questo settore, però, c’è quello del consumo e sfruttamento eccessivo delle risorse della Terra a un ritmo insostenibile.La produzione di carne richiede molta più acqua rispetto a quella di vegetali mentre l’allevamento intensivo contribuisce all’erosione del suolo e alla deforestazione. A questo si aggiungono ulteriori criticità collegate all’espansione delle colture per il bestiame che distrugge gli habitat naturali e mette a rischio la biodiversità.
Come possiamo contribuire e le opportunità per il futuro
L’editoriale
Ricollegandoci a quanto appena scritto, uno dei primi passi che possiamo percorrere è quello di ridurre il consumo di carne e latticini e, parallelamente, promuovere pratiche agricole sostenibili, incentivando metodologie di allevamento e agricoltura che riducono l’impatto ambientale.
In quest’ottica è quindi fondamentale investire in tecnologie innovative e sviluppare soluzioni che rendano la produzione più efficiente e sostenibile, rafforzando la cooperazione internazionale, in modo da coordinare al meglio gli sforzi a livello globale per affrontare questo problema complesso.
Tra le indicazioni troviamo l’eliminazione dei sussidi all’allevamento intensivo per destinare tali risorse economiche verso la promozione di un sistema più sostenibile, un’ipotesi che porterebbe a diversi benefici come una maggiore autosufficienza e resilienza, con i paesi e le regioni che diventerebbero meno dipendenti dalle importazioni alimentari e più capaci di affrontare eventi climatici estremi e crisi globali.
Attraverso l’implementazione di metodologie innovative e sostenibili, inoltre, si potrebbe garantire cibo sano e nutriente per tutti, contrastando la fame e la malnutrizione e contribuire alla protezione delle popolazioni più vulnerabili, avendo accesso a un sistema più equo e inclusivo.A livello di occupazione, si potrebbero creare di nuovi posti di lavoro e opportunità in settori come l’agricoltura biologica, le energie rinnovabili e l’economia circolare e, ovviamente, convergere verso la riduzione dell’impatto ambientale, contrastando i tanto temuti cambiamenti climatici.