Cosa si intende per tracciabilità e rintracciabilità alimentare
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Tracciabilità e rintracciabilità sono due concetti spesso confusi in quanto molto simili. Se da un lato è vero che descrivono lo stesso processo, è bene specificare che lo intendono in maniera speculare. Entrambi, infatti, si occupano della raccolta delle informazioni che portano alla realizzazione di un prodotto, al fine di monitorare attentamente tutti i produttori interessati, la composizione degli alimenti parziale o finita, l’origine, la provenienza delle materie prime e così via.
Sul piano della sicurezza alimentare, poter accedere ad un archivio di informazioni in merito ad un determinato alimento è fondamentale per alcune ragioni specifiche. Tra queste l’eliminazione di prodotti dannosi per la salute, la riduzione del rischio di frodi, il tempestivo intervento qualora si verificasse la necessità di ritirare o richiamare alcuni prodotti dal mercato e una maggiore trasparenza nei confronti dei consumatori.
Differenza tra tracciabilità e rintracciabilità
Come anticipato, i due termini fanno riferimento ad un processo che intende descrivere come un prodotto alimentare è stato realizzato. Le norme in merito alla materia sono contenute nel Regolamento CE n. 178/2002, entrate ufficialmente in vigore il 1° gennaio 2005, in special modo sotto gli articoli 17,18 e 19.Con il termine tracciabilità si descrive il processo da monte a valle della filiera produttiva, ossia l’iter intercorso dalla materia prima al prodotto finito attraverso l’ausilio di lotti e codici prodotto attribuiti ad ogni fase. Con rintracciabilità si identifica il processo contrario, da valle a monte, con il quale è possibile risalire dal prodotto finito a tutti i passaggi che hanno portato alla sua composizione, grazie alla documentazione raccolta durante il processo.
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Ne consegue che gli operatori hanno l’obbligo, con la possibilità di poter usare i mezzi a loro più adatti, di archiviare le informazioni inerenti a chi forniscono la merce e da chi sono forniti, nonché comunicare con precisione cosa si sta producendo o trasformando. In sintesi, ogni flusso deve essere esaminato ma soprattutto documentato affinché sia il consumatore che le autorità deputate al controllo possano avere accesso ad ogni tipo di informazione necessaria.
È dunque importante specificare nomi, ragioni sociali, indirizzi telefonici e e-mail dei fornitori, i tipi di merce ed il quantitativo, luoghi di produzione, lotti e mezzi di distribuzione. Il quadro normativo è comunque ampio e per avere un’idea più chiara della materia è bene fare riferimento al cosiddetto Pacchetto igiene, costituito dai regolamenti CE/852/04 in merito all’igiene dei prodotti alimentari, CE/853/04 sulle norme specifiche di igiene per gli alimenti di origine animale, CE/854/04 sull’organizzazione dei controlli sui prodotti di origine animale, e CE/882/2004 sui controlli da effettuare per verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
Quali sono le sanzioni
L’editoriale
Secondo quanto stabilito dal regolamento, sono gli Stati membri gli organi deputati alla decisione in merito alle sanzioni da elargire qualora ci siano delle inadempienze in materia di tracciabilità e rintracciabilità. Oltre alle responsabilità penali disposte dal Codice penale, con il D.Lgs. n. 190 del 5 aprile 2006 sono state introdotte una serie di pene da applicare a chi non sia conforme alla normativa.
Nello specifico, può essere applicata una multa da 750 a 4.500 euro per chi non predispone le operazioni di tracciabilità inerenti alle informazioni riguardanti i fornitori ed i clienti. Una sanzione da 3.000 a 18.000 euro per chi non procede al ritiro della merce pur essendo a conoscenza dei mancati requisiti di sicurezza alimentare. Da 300 a 3.000 euro per gli operatori che hanno avviato il ritiro del prodotto a rischio ma non hanno informato l’autorità competente.
Sanzionabili da 2.000 fino a 12.000 euro anche coloro che non collaborano con l’autorità competente una volta riscontrato un rischio oppure agli operatori che, avviata la procedura di richiamo, non danno giustificazioni ai consumatori o utilizzatori del prodotto. Infine, multe da 500 a 3.000 euro per l’operatore che non incide sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità dell’alimento, e per gli operatori del settore dei mangimi che non distruggono il lotto o la partita ritirata dal commercio.Nel caso di reiterazione, il rischio è la sospensione dell’attività causa dell’illecito da un minimo di dieci ad un massimo di venti giorni.