Cosa sono le aflatossine e perché sono pericolose
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La sicurezza alimentare è divenuta fortunatamente un tema sul quale viene rivolta un’attenzione crescente, con un consolidamento delle misure di sicurezza e controllo e una verifica attenta dell’origine dei prodotti alimentari e delle materie vegetali e animali, attraverso un rafforzamento dei sistemi di tracciabilità e di analisi, così da portare sulle tavole degli italiani ma anche nei mercati internazionali solo prodotti di alta qualità e lontani da qualsiasi rischio.
In particolare, la grande preoccupazione che riguarda questo argomento è ovviamente collegata alla salute pubblica, soprattutto per quelle sostanze e agenti che possono contaminare gli alimenti e portare a malattie anche molto gravi, così come anche alla morte di chi ne è venuto a contatto.
Tra queste troviamo certamente le aflatossine, pericolosissime micotossine che possono contaminare una varietà praticamente infinita di prodotti agroalimentari.
Vediamo cosa sono e come prevenirle.
Le aflatossine e gli effetti tossici
Le aflatossine, come detto in precedenza, sono una classe di micotossine prodotte da alcuni ceppi di funghi del genere Aspergillus, in particolare Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus. Queste tossine sono considerate tra le più potenti sostanze cancerogene di origine naturale conosciute e la contaminazione può avvenire prima, durante o dopo la raccolta, a causa della proliferazione dei funghi produttori di queste sostanze in determinate condizioni ambientali.
L’esposizione alle aflatossine può avere gravi conseguenze per la salute umana e animale. Sono state riconosciute come cancerogene per l’uomo dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). L’aflatossina B1 in particolare è considerata la più rischiosa per l’origine del cancro e l’ingestione elevata può causare avvelenamento acuto, con sintomi quali nausea, vomito, dolori addominali, epatite e persino insufficienza epatica fulminante. L’esposizione cronica a basse dosi, invece, può portare allo sviluppo di tumori, soprattutto al fegato, oltre a danni al sistema immunitario e possibili effetti sulla crescita e sullo sviluppo.Sono particolarmente vulnerabili all’esposizione di queste micotossine i Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni climatiche favoriscono la diffusione dei funghi e i controlli sugli alimenti sono spesso meno efficaci. Inoltre, alcune categorie di popolazione come bambini, donne in gravidanza e persone malnutrite sono maggiormente suscettibili agli effetti nocivi di tali sostanze.
Prevenzione e controllo
Per ridurre il rischio di contaminazione da aflatossine, sono fondamentali buone pratiche agricole durante la coltivazione, la raccolta, lo stoccaggio e la trasformazione degli alimenti. Inoltre, è importante effettuare regolari controlli sui livelli presenti negli alimenti destinati al consumo umano e animale, nel rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla legge. In quest’ottica, la ricerca sta sviluppando nuove strategie di biocontrollo, come l’utilizzo di ceppi fungini atossigeni in grado di competere con quelli tossigeni, per prevenire la formazione di queste micotossine.
In linea generale, per ridurre il rischio di alti livelli di aflatossine negli alimenti, come detto, bisogna prestare attenzione massima a ogni fase della lavorazione, dalla raccolta alla distribuzione finale.
Prima della raccolta, la principale causa di proliferazione è lo stress della pianta dovuto a siccità, le elevate temperature o danni da insetti, mentre durante la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio, i fattori scatenanti sono le condizioni di umidità.
Nel corso della trasformazione e conservazione, il mancato rispetto delle misure igieniche e di controllo.È importante sottolineare che le aflatossine sono termostabili, quindi non vengono completamente distrutte dalla cottura o dai processi di trasformazione degli alimenti.
Consigli per prevenire la contaminazione
Per migliorare la prevenzione bisognerebbe implementare buone pratiche agricole, attraverso la selezione di varietà vegetali resistenti ai funghi produttori, il controllo dei fattori ambientali che favoriscono lo sviluppo di Aspergillus, l’adozione di tecniche agronomiche adeguate (rotazione delle colture, drenaggio dei campi, controllo degli insetti) e la raccolta tempestiva e corretta essiccazione dei prodotti.Nella fase di stoccaggio è fondamentale il mantenimento di condizioni di temperatura e umidità ottimali, mediante l’utilizzo di silos, magazzini e contenitori adeguati, evitando contaminazioni crociate, ed effettuando un’ispezione regolare delle partite stoccate per rilevare eventuali segni di deterioramento
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Per quanto riguarda le autorità preposte al controllo e le regole di autocontrollo, gli enti e i produttori stessi dovrebbero porre in essere analisi frequenti sui livelli di aflatossine negli alimenti e nei mangimi, sia durante la produzione che prima della commercializzazione e rispettare ovviamente i limiti massimi di contaminazione stabiliti dalla normativa vigente.
In quest’ottica, assume una rilevanza assoluta l’adozione di sistemi di rintracciabilità per identificare rapidamente la fonte di contaminazione, per poi procedere a trattamenti di detossificazione, utilizzando metodi fisici, come irraggiamento, calore, adsorbenti, e metodi chimici ammoniaca e acidi organici per ridurne i livelli.Infine, le istituzioni e gli organi competenti dovrebbero pianificare un sistema di informazione, sensibilizzazione e formazione per gli agricoltori, gli operatori della filiera e i consumatori sui rischi legati alle aflatossine, predisponendo corsi per migliorare le pratiche di coltivazione, raccolta, conservazione e trasformazione.
Quali sono gli alimenti a rischio di contaminazione da aflatossine
L’editoriale
Come detto nell’introduzione, le aflatossine possono purtroppo contaminare una vasta gamma di alimenti e mangimi, in particolare:
- Cereali: mais, riso, grano, orzo, sorgo.
- Legumi: arachidi, soia, fagioli, lenticchie.
- Semi oleosi: semi di cotone, semi di girasole, semi di lino.
- Frutta a guscio: mandorle, nocciole, noci, pistacchi, anacardi.
- Spezie: pepe, curcuma, cannella, peperoncino.
- Derivati del latte: latte, formaggio, yogurt.
- Altri alimenti: fichi, uva passa, caffè, cacao.
Qualora si avesse qualche dubbio o preoccupazione sull’aver ingerito alimenti contaminati, alla luce anche dei sintomi sopracitati, si consiglia sempre di contattare il proprio medico di base o di recarsi presso l’ospedale per effettuare tutte le analisi del caso e provvedere alla somministrazione di una cura adeguata.