Sale in cucina: come usarlo in modo sano senza rinunciare al gusto
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Che il sale faccia male non è un mistero. Tutti lo sappiamo ma ignoriamo la quantità che ne assumiamo giornalmente, eliminando dai nostri pensieri le conseguenze legate ad un consumo eccessivo di sodio. Un problema che preoccupa tutta la popolazione mondiale, al punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità da anni ha messo in moto una campagna con lo scopo di ridurre l’assunzione del sale. D’altronde, questo è l’unico modo per migliorare la propria salute e limitare il rischio di malattie cardiovascolari e non trasmissibili, principali cause di morte e disabilità nel panorama globale.
A cosa serve il sale
Il sale, conosciuto in chimica come cloruro di sodio, è un minerale molto importante per il nostro organismo, a patto che venga assunto nella giusta quantità. Come intuibile dal nome utilizzato in chimica, il sale fornisce al corpo sodio e cloruro. Questi due principi sono cruciali per equilibrare l’acido-base, ossia il bilanciamento delle sostanze acide e quelle alcaline che si trovano nei tessuti e nel sangue, e quello idrico. Soprattutto il sodio è l’elemento deputato a bilanciare la dose di acqua nel sangue e tra le cellule dei tessuti, e orientare le contrazioni muscolari e la trasmissione degli impulsi nervoso.
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Secondo le linee guida dell’OMS il livello di sodio che può essere assunto giornalmente dovrebbe essere sotto i 2000 mg, ossia 5 g di sale da cucina. La carenza di sale, di conseguenza, è altamente improbabile, poiché la dose raccomandata è davvero minima. Al contrario, dovremmo preoccuparci dei problemi opposti. Molti prodotti della nostra alimentazione, soprattutto quelli processati, contengono già di per sé sale e per questo motivo dovremmo stare attenti a non utilizzare ulteriormente sodio quando cuciniamo le nostre pietanze. Nella scelta del sale da compra gli esperti suggeriscono quello iodato, vale a dire con lo iodio aggiunto durante il processo di produzione. Lo iodio è considerato un micronutriente basilare per lo sviluppo degli ormoni tiroidei, implicati per mantenere un corretto metabolismo. Di contro, la carenza di iodio può provocare problemi alla tiroide, noduli e ipotiroidismo.
Rischi collaterali
Tra rischi maggiormente conosciuti e riscontrati, un eccesso di sale nella propria dieta alimentare provoca l’aumento della pressione arteriosa e malattie cardiovascolari, come infarti e ictus. Ma i problemi non finiscono qui. Nel corso degli anni sono state condotte numerose ricerche in merito agli impatti derivanti da un alto consumo di sodio, tra cui alcuni tipi di tumore all’apparato gastrico. Il sale, infatti, se consumato in dosi eccessive può provocare infiammazioni alle pareti interne dello stomaco sensibilizzandole maggiormente agli agenti cancerogeni. Per la stessa ragione chi soffre di gastriti o reflussi deve stare maggiormente attento alle quantità consigliate per evitare l’insorgere di tali patologie. Tra gli altri rischi rientrano l’obesità, un aumento di acqua nel sangue e nei liquidi extracellulari, correlazioni con la malattia di Ménière (una patologia che colpisce il labirinto dell’orecchio), e l’osteoporosi, a causa di una maggior perdita di calcio attraverso le urine.
Qualche dato
Tra gli obiettivi dell’OMS vi è quello di ridurre del 30% il consumo di sale entro il 2030. Una meta che nel 2013 era stata fissata per l’anno 2025 ma visti gli scarsi risultati si è deciso di prolungare nel tempo.
Sempre secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il consumo medio mondiale giornaliero di sale è di 10,78 g. Una quantità di gran lunga superiore, leggermente più del doppio, ai 5 g consigliati.
In Italia la situazione è pressoché simile. Una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato che il consumo medio giornaliero di sale nel 2008/2012 per gli uomini è stato di 10,8 g mentre per le donne di 8,3 g. Dati in flessione del 12% nel 2018/2019 con un consumo medio giornaliero di 9,5 g per gli uomini e di 7,2 g per le donne. In questo biennio, rientravano nel range dettato dall’OMS solo il 9% degli uomini ed il 23% delle donne. A distanza di 10 anni si sono indubbiamente riscontrati dei miglioramenti, anche se molto lontani dagli intenti degli studiosi. In generale, oltre alla parte che ognuno di noi è chiamato a svolgere modificando il proprio comportamento alimentare, vi sono politiche pubbliche che potrebbero accelerare e facilitare il processo per tutti. Prima di tutto serve una riduzione del sodio da parte dei produttori alimentari, attraverso la riformulazione dei cibi processati. In aggiunta, è necessario incoraggiare i consumatori a fare scelte più sane attraverso informazioni più accurate, come l’utilizzo di etichette frontali e ben interpretabili in merito al sodio.
Consigli per limitare l’uso del sale
L’editoriale
Partiamo dal presupposto che la maggior parte del sale, esattamente il 64%, deriva da prodotti alimentari che acquistiamo pronti per il consumo. Tra questi abbiamo pane, cereali e prodotti da forno, latticini, formaggi, salumi, carni lavorate, pesce, salse pronte e la maggior parte dei cibi confezionati. Solo il 34% del sale che assumiamo è quello che aggiungiamo noi stessi mentre cuciniamo.
Dunque, la prima regola è porre l’attenzione su una dieta sana ed equilibrata, prediligendo cibi sani e non pronti. Limitare in particolar modo i sughi, snack salati come cracker, salse come ketchup e maionese, dadi per il brodo, cibi in scatola, precotti o surgelati.
Di concerto, è importante imparare a leggere le etichette così da selezionare i prodotti con il minor contenuto di sale che, in linea di massima, dovrebbe essere minore di 0.3 g per 100 g.
Legumi in scatola come ceci, fagioli, lenticchie e piselli devono essere sciacquati così come i cibi in salamoia prima di consumarli. Queste soluzioni di acqua e sale sono utilizzate per conservare e dare sapore agli alimenti. Tuttavia, spesso contengono elevate quantità di sodio, eccessive per il consumo diretto, per cui è necessario sciacquare i prodotti immersi in questi liquidi prima del consumo per rimuovere il sale di troppo.
Ridurre l’utilizzo del sale in cucina e, se indispensabile, aggiungere il sale iodato. Questa è un’operazione che possiamo fare in maniera graduale, in modo da abituare lentamente il nostro gusto. Soprattutto nei bambini è importante non abituarli a pappe salate fino al compimento del primo anno.
Per essere in forma, al posto di salse e sale possono essere invece utilizzate spezie, erbe aromatiche, succo di limone, aceto, olio extravergine di oliva, aglio e peperoncino per insaporire i propri piatti e renderli più gustosi. Infine, lontano dagli occhi e lontano da cuore. Evitare di mettere la saliera o salse salate sul tavolo mentre si consumano i pasti, così da non incentivare l’abitudine di salare i piatti.