Tradizioni sarde, il carnevale di Mamoiada e i Mamuthones
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Il carnevale di Mamoiada è una festa che unisce tradizione, spiritualità e folklore, trasmettendo una parte importante della cultura sarda attraverso le generazioni. È proprio durante questa festa che emerge la figura degli ormai famosi in tutto il mondo Mamuthones, maschere particolarmente suggestive che rappresentando un legame profondo con il passato della Sardegna.
La festa di Carnevale
Oggi è una festa che accoglie visitatori da ogni parte del mondo, ma in realtà è rimasta sconosciuta ai tanti fino agli ’50. Mamoiada è un piccolo comune italiano della provincia di Nuoro che oggi conta 2.380 abitanti. Un paese nel cuore della parte più remota della Sardegna, dove un tempo le feste popolari e le ricorrenze erano motivo di aggregazione e impegno durante tutto l’anno. Proprio per le caratteristiche della terra, non è difficile capire il motivo per cui questa antica tradizione sia diventata nota solo recentemente, guadagnando notorietà grazie alle caratteristiche maschere dei Mamuthones e Issohadores, divenute un simbolo per l’intera isola.Ma prima di arrivare al Carnevale occorre fare un passo indietro. La festa ha inizio ufficialmente il 17 gennaio con la celebrazione di Sant’Antonio Abate che si prolunga per diverse settimane fino alle celeberrime sfilate della domenica e del Martedì Grasso. È proprio durante la celebrazione del Santo che Mamuthones e Issohadores vedono la loro prima uscita, eseguendo un rito propiziatorio attorno ai fuochi in tutto il paese.
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Il Carnevale è la festa che coinvolge l’intera comunità, con tutti gli abitanti impegnati nella preparazione di costumi, mascheramenti e specialità culinarie. Il tipico ballo tondo, conosciuto come “ballu tundu” è una delle attrazioni principali insieme alle maschere dei Mamuthones e Issohadores che sfilano la domenica pomeriggio.
Il lunedì è dedicato ai bambini, mentre il Martedì Grasso conclude la festa con la sfilata delle maschere e il Fantoccio Juvanne Martis Sero. Una tradizione molto particolare che vede questo fantoccio dalla testa di legno facente da botte, portato in giro per il paese su di carro trainato da un asino e scortato da uomini. Nel passeggiare, il fantoccio viene riempito di vino dagli abitanti del paese. Ma ben presto arriverà la sua fine. Juvanne, infatti, la sera vedrà la sua “more” tra canti e balli. La vera chiusura del carnevale di Mamoiada arriva però la domenica successiva con “Sas Padeddas”. Durante questo evento, vengono preparati pacchi a sorpresa che alcune coppie selezionate devono cercare di rompere durante il ballo.
Chi sono i Mamuthones, il simbolo della Sardegna
La loro origine è oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma si ritiene che la pratica abbia radici antichissime, risalenti a rituali pagani. Tra le teorie che vanno per la maggiore vi è quella legato al ciclo della natura. Altri collegano la tradizione ad un rito per la fertilità. Alcuni vedono la figura dei Mamuthones vicino ad antiche divinità della Sardegna pre-romana. Il suono dei campanacci lascia pensare anche che tale rituale possa essere collegato a scacciare gli spiriti maligni.
La notorietà e fama mondiale è indubbiamente dovuta al loro abbigliamento distintivo e alle loro esibizioni. Parlando del costume, i Mamuthones indossano pantaloni in fustagno e fasci di pelli di pecora. Il volto è nascosto dietro una maschera scura e chiamate “visera”, spesso con un’espressione misteriosa e imponente. Un particolare copricapo completa l’abbigliamento. Sulle spalle portano un gruppo di campanacci che vanno dai 20 ai 30 kg, in più, sul petto altre campane attaccate ad alcune cinture di cuoio. Insieme agli Issohadores, inscenano una sorta di danza simboleggiando il rapporto tra cacciatore e preda. Un rito solenne e ordinato, come se fosse una processione. I partecipanti a questa straordinaria rappresentazione si ritrovano in luogo stabilito per indossare gli abiti della “cerimonia”.
I dolci tipici del carnevale
Tra gli itinerari del gusto sardi, quello del carnevale di questo caratteristico paesino non si può di certo perdere. Il Carnevale di Mamoiada è un’occasione di festa, condivisione e identità, dove i dolci tipici e il vino cannonau giocano un ruolo significativo. Il vino è stato sempre un elemento importante nelle celebrazioni, ricollegandosi alle antiche tradizioni e rappresentando un momento di rinnovamento simbolico. In questo contesto, il Carnevale di Mamoiada diventa una celebrazione che si avvicina a concetti di incontro con il divino, la terra e il cielo.
L’editoriale
Durante la festa, le massaie di Mamoiada preparano diversi dolci tradizionali. Sas caschettas sono dei dolci a base di mandorle, miele, zafferano, scorza d’arancia e di limone. Molto belli alla vista, la pasta che ricopre il dolce simil biscotto sembra quasi essere un ricamo di una camicia. Una lavorazione ottenuta attraverso uno specifico strumento chiamato “roditas” che serve a a tagliare la pasta in questo particolare modo.
Le Su popassinu nigheddu è un dolce che richiede una preparazione di almeno due settimane e contiene semolato, uva passa, Sapa, noci e zucchero. Una volta preparato l’impasto va fatto riposare almeno per una notte. Trascorso il tempo necessario potrà essere informato e fatto cuocere per circa 4 ore. Questo è sempre abbinato al Su popassinu biancu che contengono farina, strutto, zucchero, uova, lievito, scorza di limone, uva sultanina, uva passa, mandorle dolci tostate e noci. Elemento essenziale, la glassa decorativa. Su coccone ‘in mele, è un pane dolce realizzato utilizzando ingredienti pregiati come il mosto cotto, zafferano, mandorle, noci e miele. Rispetto all’origine del nome del pane, sembrerebbe che in origine fosse utilizzato il miele al posto dello zucchero. Difatti a Mamoiada, come in alti paesi della Barbagia, vi era una grossa produzione di miele che anticamente veniva utilizzato per svariate preparazione, essendo lo zucchero stato introdotto parecchio tempo dopo. Il colore particolare è ottenuto grazie allo zafferano che lo rende di un giallo quasi dorato. Per la decorazione vengono utilizzate delle specifiche pinzette e coltellini. Una gestualità quasi scultorea che viene chiamata in sardo “pintare”. In merito alla forma, ne esistono di svariate. Ovviamente durante la celebrazione di Sant’Antonio il pane viene composto come fosse una A.