Vertical Farming, la produzione a ridosso dei centri urbani
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Le vertical farming rappresentano un’opportunità per il futuro, oppure stanno giungendo al declino? Argomento complesso e oggetto di studio da diversi anni. Certo è che la tecnica delle serre verticali appare obiettivamente ottima per fronteggiare alcune criticità della società odierna.
Le origini delle vertical farming sono lontane. Alcuni addirittura descrivono i Giardini Pensili di Babilonia, una delle sette meraviglie del mondo classico datata 590 a.C., come la prima vertical farming. Il concetto è stato ripreso più volte nel tempo, soprattutto a partire dai primi anni del ‘900 in poi, ma è nel 2007 che arriva la vera popolarità a livello mediatico. Oggi l’espansione delle vertical farming sta subendo una lieve flessione, nonostante l’idea di fondo sia ancora forte e propizia per il futuro. Capiamone i motivi.
Cosa sono le vertical farming?
Era il 1915 quando Gilbert Ellis Bailey utilizzò il termine come titolo del suo omonimo libro. Il geologo americano sintetizzava come la coltivazione in verticale, principalmente sui tetti, avrebbe potuto fornire benefici economici e ambientali. Un grande contributo arrivò negli anni ’30, quando il Professor William Frederick Gericke dell’Università della California sviluppò la tecnica idroponica, una delle più utilizzate oggi per le vertical farming. Il concetto delle serre verticali venne ripreso negli anni ‘70 dal Professor Dickson Despommier della Columbia University. Nel ’99 ebbe un’illuminazione grazie ad un gruppo di suoi studenti, i quali arrivarono a concepire la vertical farming così come la conosciamo oggi, ossia coltivazioni indoor in grado di accogliere produzioni agroalimentari su larga scala.
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Le vertical farming sono quindi delle coltivazioni che sfruttano l’altezza, mettendo i prodotti agricoli o le piante su più livelli impilati l’un l’altro, piuttosto che ettari di terra in orizzontale. Si trovano spesso all’interno di palazzi o grattacieli dove, attraverso sistemi altamente tecnologici, sono controllate temperature, acqua, umidità e ossigenazione. Ad oggi vengono coltivate soprattutto piante di piccole dimensioni e dalla crescita rapida, come ad esempio l’insalata o i pomodori. La loro costruzione trova ampio consenso nelle aree urbanizzate o vicine a zone densamente popolate, creando un contesto di agricoltura di prossimità o a chilometro zero.
Tecniche di coltivazione
Le principali tecniche di coltivazione sono tre, tutte praticate a ciclo chiuso e in grado di massimizzare le produzioni salvaguardando l’ambiente.
La coltivazione idroponica è la più utilizzata. Le piante non sono piantate nella terra ma sostenute da un substrato di argilla, fibre o ghiaia. Si procede all’innaffiamento diretto delle radici con sostanze nutritive, permettendo la crescita delle piante in un piccolo spazio, più velocemente e con un notevole risparmio di risorse idriche.
Il metodo acquaponico permette la coltivazione agricoltura e l’allevamento ittico. Alla base c’è la coltivazione idroponica, in quanto le radici delle piante sono immerse nelle vasche con i pesci. Le piante si nutrono delle sostanze nutritive presenti nella vasca, come lo scarto dei pesci e resti di cibo, e allo stesso tempo ne purificano l’acqua per i pesci.
L’ultimo metodo è definito aeroponico. Questo prevede il nutrimento delle piante attraverso la nebulizzazione. Rispetto alle altre tecniche i costi iniziali sono maggiori, ma lo è anche il risparmio di acqua.
Un modello (quasi) perfetto
L’editoriale
Serre verticali per prevenire i problemi futuri
I vantaggi maggiormente riscontrabili sono un ingente risparmio di acqua, che può arrivar fino ad un 90% rispetto alle tradizionali coltivazioni, così come un minor utilizzo e sfruttamento del suolo. A beneficiare delle tecniche e degli ambienti delle vertical farming è anche la qualità dei prodotti. Gli ecosistemi chiusi impediscono la contaminazione degli ortaggi, per cui non si avrà bisogno di utilizzare fertilizzanti, pesticidi o fitofarmaci. Il risultato è prodotto perfettamente biologico. Inoltre, la conformazione delle vertical farming permette di coltivare più piante rispetto ad un campo normale e di produrre ortaggi fuori stagione. Infine, la possibilità di coltivare nelle città accorcia le distanze tra produttore e consumatore, eliminando il ciclo di trasporto deleterio per i prodotti e la salute del pianeta.
Di contro, i costi delle vertical farming non sono per tutte le tasche e questo, oltre ad essere un problema per gli imprenditori, interessa anche i consumatori. L’investimento per la costruzione delle strutture, l’acquisto delle attrezzature e dei sistemi per la creazione dell’ecosistema perfetto è notevole. Parlando sempre di costi va fatta un’altra considerazione. L’energia consumata per gli impianti all’interno delle vertical farming è ben al di sopra della media di una classica serra. Basti pensare alle luci LED chiamate a svolgere la funzione del sole o ai sistemi accessi h24 per il mantenimento delle condizioni climatiche. In un contesto storico come questo, con i prezzi dell’energia alle stelle, il sistema delle vertical farming è davvero oneroso.
Gli elementi che ingolosiscono gli imprenditori a dedicarsi a questo rivoluzionario sistema di coltivazione sono diversi, nonostante le criticità che dovranno essere riviste con il tempo. A questi si aggiungono gli scenari sulle prospettive future in merito alla crescita e densità demografica.
Secondo i dati della FAO, entro il 2050 la popolazione raggiungerà gli 8,9 miliardi con la necessità di produrre il 50% di cibo in più di oggi ma con un terzo del terreno coltivabile pro capite disponibile rispetto al 1970. Inoltre, sempre più persone vivranno in aree urbanizzate. Le statistiche Istat già oggi evidenziano come in Italia l’83% delle persone vivono in piccole città e sobborghi o città e zone densamente popolarmente, mentre solo il 17% abita in zone rurali e scarsamente popolate. Come se non bastasse, i cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno devastato i raccolti, colpiti da eventi meteorologici imprevedibili, potrebbero peggiorare se non verranno messe in campo azioni di contrasto.Al momento le vertical farming trovano terreno fertile in zone dove le condizioni climatiche impediscono un’agricoltura massiccia e dove l’energia ha costi minori. Rispondono a questi requisiti le aree del Medio Oriente e nel Golfo Persico. L’Italia è ancora timida sul tema, ma è probabile che nei prossimi anni assisteremo a ulteriori sviluppi in questo campo.